La cosiddetta economia circolare, ovvero un sistema che fa della sostenibilità e della valorizzazione degli scarti i suoi cardini, non è soltanto alla base della cultura dei Paesi più poveri del mondo, che devono fare di necessità virtù, ma sta diventando la filosofia economica di riferimento soprattutto nei Paesi più industrializzati, che sono poi anche quelli dove c’è una maggiore sensibilità verso il riutilizzo dei beni.
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Scopriamo nel dettaglio in caso consiste l’economia circolare.
Quell’insieme di buone pratiche che vanno sotto il nome di economia circolare stanno pian piano prendendo piede, non più confinate a modelli astratti e grazie ad alcuni casi di applicazione concreta: infatti, anche nei Paesi occidentali, dove domina la cultura dell’usa e getta e dello spreco indiscriminato (economia lineare), si va affermando la filosofia del riuso che insegna come i rifiuti di qualcuno potrebbero diventare delle risorse per altri.
La cosiddetta quarta rivoluzione industriale (il nome che è stato attribuito a un tipo di economia che punta a reinserire nel ciclo produttivo le risorse) tuttavia esiste da secoli e basterebbe viaggiare un po’ per rendersene conto.
Soprattutto nelle zone più povere del mondo, l’idea che si possa conferire un valore agli scarti e che alcuni materiali siano riutilizzati è connaturata a culture molto lontane dalla nostra, ma che affondano le radici in tradizioni antichissime: laddove bisogna fare di necessità virtù e le condizioni ambientali impongono di non sprecare nulla, ci si accorge infatti che la filosofia del riuso va di pari passo col rispetto dell’ambiente e dei suoi equilibri.
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Non solo: lo stesso ciclo che sintetizza le caratteristiche di questa economia circolare è alla base di tanti processi che avvengono in natura. Visitare questi remoti angoli del mondo (che si tratti del Sudamerica o dei Paesi dell’est asiatico) aiuta a capire come quel modello sia fondamentale per una vera sostenibilità ambientale e sociale anche in Occidente.
Secondo alcune stime, applicando i dettami di una economia circolare agli scarti prodotti dalla lavorazione industriale o in ambito alimentare, si risparmierebbero 600 miliardi di euro l’anno: la Ellen McArthur Foundation sostiene inoltre che in Europa si creerebbero benefici per oltre 1.800 miliardi nell’arco dei prossimi 30 anni (un caso virtuoso è quello della Danimarca che già si sta avviando su questa strada).
Non ultimo, anche alcune multinazionali hanno dato vita a progetti di sharing economy per rendere sostenibili i propri prodotti: è il caso del marchio di abbigliamento H&M che realizza dei capi attraverso materiali di riuso e invita la clientela a riconsegnare quelli vecchi affinché vengano reimmessi nel ciclo produttivo.
Insomma, le parole d’ordine sono il recupero, il conferimento di valore allo scarto e, infine, la condivisione: una rivoluzione che, partendo dall’ambito sociale, fa sì che i rifiuti rinascano e diventino risorse per qualcun altro.
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