“Born in the Usa” e molti altri brani di Bruce Springsteen raccontano l’America meglio di qualsiasi altra cosa. Cosa può esserci di più intenso, quindi, di un lungo viaggio negli USA sulle note del Boss?
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Chi meglio del Boss, alias Bruce Springsteen, è in grado di raccontare la nazione americana sviscerandone l’anima più autentica? Da decenni, il cantautore è protagonista e spettatore della vita quotidiana a stelle e strisce, che ha caratterizzato (e continua a farlo) la maggior parte dei suoi brani.
Dai testi di Springsteen emergono l’America povera e proletaria degli anni Sessanta e Settanta e le speranze di coloro che ce l’hanno fatta, ma anche i luoghi più iconici di ogni epoca e un’infinità di volti conosciuti e non. Perché allora non organizzare un lungo viaggio “Born in the Usa immaginario negli Stati Uniti, utilizzando le canzoni di Springsteen come fossero le stazioni di un treno, che vi porterà alle origini?
Il viaggio sulle note di Springsteen non può che partire da quel che è stato l’inizio di tutto, quel “Born in the USA” che ha segnato decine di generazioni. Il brano vuol essere un omaggio agli americani che hanno partecipato alla guerra del Vietnam, conflitto scoppiato tra il 1955 e terminato nel 1975 con la caduta di Saigon, e che non hanno avuto la fortuna di far ritorno in patria.
Springsteen nacque nel New Jersey nel 1949, a Long Branch, da una famiglia umile e lavoratrice. A sette anni ebbe il primo incontro con la musica grazie ad un esibizione di Elvis; da li iniziò il suo amore per la musica, venne influenzato dalla musica rock dei Beatles e Rolling Stone e e gli Who.
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Tra i luoghi d’infanzia del cantante figura anche Freehold, l’abitazione nella quale visse a partire dal 1958. Alle spalle dell’abitazione campeggia ancora oggi l’albero al quale il cantante era poggiato in uno degli scatti più noti dell’epoca. Il viaggio continua passando per Belmar e per la celebre “E Street”. Nella cittadina costiera di Belmar, New Jersey, viveva la mamma di Dave Sancious, amico e tastierista di Springsteen. Fu qui che Springsteen e la sua band cominciarono a suonare, per questo che Bruce decise di rinominare il gruppo con il nome della strada.
Un’altra tappa del viaggio non può che essere la Convention Hall ad Asbury Park, edificio realizzato verso la fine degli anni Venti e immortalato dalla copertina del suo primo album, intitolato appunto “Greetings From Asbury Park”. Lungo la celebre passeggiata figura anche il Paramount Theatre, frequentato ancora oggi dal cantante, e il “The Stone Pony”, il locale nel quale il Boss e la sua band si esibirono tantissime volte.
L’utima tappa obbligata è Atlantic City, canzone inclusa nell’album “Nebraska”. La città è celebre per i suoi casinò e per le lunghe spiagge e fu scelta dal Boss per l’allora rivoluzionaria decisione di legalizzare il gioco d’azzardo, che fece in modo che la città diventasse una delle mete preferite degli appassionati del tavolo verde. Raggiungibile da New York, con auto o bus.
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